Amare qualcuno significa prima di tutto entrare in contatto e conoscere la vita e il mondo dell’altro/a.
Ad alcune persone può capitare di sentirsi “resistenti”, cioè in difficoltà ad avvicinarsi ad altre persone e questo le porta ad avere atteggiamenti respingenti o di chiusura. Alcuni psicologi hanno definito questa difficoltà con il termine anoressia sentimentale.
La parola Anoressia viene dal greco, dal prefisso an, a significare privazione o negazione, e dal verbo orego, appetito, desiderio. Se ad oggi è adoperata per definire la mancanza di desiderio di cibo, nel suo significato più esteso identifica ogni accezione di desiderio, anche quello amoroso: ecco quindi che l’anoressico sentimentale sarebbe quella persona che rifiuta di nutrirsi di sentimenti e manifesta un atteggiamento ipercontrollante nei confronti delle proprie emozioni.
L’anoressia sentimentale, o amoressia, può presentarsi a tutte le età e colpire sia uomini che donne, tanto un individuo solitario quanto la persona più socievole che si conosca. Alla radice dell’anoressia sentimentale, spesso, vi è un trauma infantile, un’esperienza particolarmente dolorosa, come un abbandono o una separazione che ha portato, chi ne soffre, ad identificare l’amore come fonte di sofferenza e ad alzare un muro per proteggersi dall’eventualità di una nuova delusione.
Tenendo presente che utilizzando le parole anoressia sentimentale si rischia di “etichettare” e “patologizzare” le persone , è anche chiaro come le parole ci consentono di riferirci a delle specifiche difficoltà e questo può portare ad una maggiore e più veloce comprensione tra le persone.
L’anoressia sentimentale si manifesta in diversi modi che rispecchiano le tipologie caratteriali di chi ne soffre, in un crescendo di esposizione emotiva. Tutte le personalità sono accomunate da sentimenti di angoscia, paura, rabbia e talvolta invidia per chi riesce a vivere l’amore.
Vediamo quindi alcuni tipi di personalità:
Un primo tipo è rappresentato dall’individuo che potremmo definire solitario, una persona poco incline alle relazioni, chiusa in se stessa e incapace di stabilire contatti profondi sia in amore che nelle amicizie.
La seconda personalità, invece, vive relazioni affettive e sessuali di breve durata, volte soltanto al soddisfacimento di pulsioni sessuali e per il piacere della conquista. Una volta raggiunto lo scopo torna sui suoi passi e riprende le abitudini da solitario.
Vi è poi la persona in conflitto con i propri sentimenti che inizia le sue relazioni idealizzandole, che confonde l’innamoramento con una forte infatuazione. Presto però, l’esaltazione lascia spazio a sentimenti di insoddisfazione, entrano in gioco le critiche, la gelosia e la relazione amorosa diviene un campo di battaglia dove ogni occasione è oggetto di scontro e di competizione, finché uno dei due, inevitabilmente cede. Vivere le relazioni in questo modo può portare a molta sofferenza e a sentire i propri conflitti intrapsichici in modo esasperato e dilaniante.
Infine possiamo annoverare tra le tipologie di personalità il narcisista, quella persona che è spinta alla relazione solo per il piacere di controllo del partner, che si vanta della sua resistenza al sentimento amoroso, sentendosi un essere superiore.
Cosa può spingerci a resistere all’amore?
Dal punto di vista psicologico, nel meccanismo che innesca la difficoltà a lasciarci andare all’altro, entra in gioco la negazione di qualunque legame sentimentale ed intimo, sia per paura che per “orgoglio”, e sono proprio il timore e l’orgoglio che portano ad alzare il controllo delle relazioni. Il controllo consente alla persona di mantenere intatto quel muro che si è costruito per la paura di soffrire e, ogni qual volta la possibilità di provare un sentimento apre un varco nel muro, si è colti da dubbi, incertezze, paura e malinconia che, inevitabilmente, turbano l’equilibrio dell’individuo portandolo ad evitare la relazione.
Cosa fare quando ci spaventa amare?
Spesso nelle persone che hanno difficoltà ad amare i comportamenti di evitamento portano ad un senso di vuoto e solitudine. Si ha la certezza di non poter godere appieno dell’amore, di non poter portare una relazione a livelli più elevati
Non tutti sono consapevoli del disagio che li affligge o si rendono conto del fatto che lo schema comportamentale si ripete in ogni relazione, a volte la causa della fine di una relazione viene attribuita al partner.
Altre volte invece, le persone possono anche sentirsi in colpa per quello che provano, in quanto si percepiscono partecipanti attivi della loro solitudine. Ed è proprio da questo tipo di consapevolezza che si può iniziare un lavoro psicologico su di sé.
Solo prendendo atto dei propri sentimenti, dei motivi che spingono all’autosabotaggio relazionale, si potrà intraprendere un processo per stare meglio con noi stessi che miri a ristabilire l’equilibrio interiore per vivere a pieno e con serenità, fiducia e libertà le relazioni affettive.
Un percorso psicoterapeutico con uno Psicologo può essere molto utile per elaborare le sofferenze e le difficoltà che abbiamo incontrato in passato e che ci spingono a rimanere lontani dagli affetti e dall’amore.
Mi occupo di disturbi di ansia (fobie, attacchi di panico, ansia generalizzata), di sessualità e di omosessualità, di disturbi alimentari, di depressione, di difficoltà legate alla sfera affettiva (familiare e/o di coppia).
All’interno del mio modello di lavoro utilizzo tecniche di respirazione, rilassamento, sessuologiche e EMDR.